Sergio Ortino

(nato a Firenze, 29 novembre 1940 - scomparso il 7 luglio 2011)

 

 

Si pubblica il ricordo del prof. Sergio Ortino a cura di Stefano Ceccanti; nell’occasione vengono riprodotti anche la Prefazione del volume Globalization, Technologies and Legal Revolution The Impact of Global Changes on Territorial and Cultural Diversities, on Supranational Integration and Constitutional Theory - Liber Amicorum in Memory of Sergio Ortino (a cura di Francesco Palermo, Giovanni Poggeschi Günther Rautz Jens Woelk) del 2012 e il ricordo di Maria Alessandra Stefanelli e Giuseppe de Vergottini, In ricordo di SERGIO ORTINO, in Diritto pubblico comparato ed europeo, n. 4/2011, XV-XXII.

 

 

 

 

 

 

Sergio Ortino

(di Stefano Ceccanti)

  1. Breve profilo biografico

Questa presentazione sintetica è debitrice soprattutto del curriculum completo inviatomi dal figlio Matteo Ortino e delle riflessioni più ampie, a cui rinvio per completezza, di Giuseppe de Vergottini e Maria Alessandra Stefanelli pubblicate nel n. 4/2011 di Dpce, pp. XV-XXII, che si pubblicano qui di seguito.

Sergio Ortino, nato a Firenze il 29 novembre 1940 e scomparso il 7 luglio 2011, laureato in Scienze Politiche alla Cesare Alfieri nel 1965 con una tesi sul Tribunale Costituzionale tedesco, dopo aver avuto alcuni soggiorni di studio già da studente a Heidelberg, Berlino e Monaco, assistente ordinario sempre a Firenze nel 1967, rappresenta sin da subito una figura piuttosto originale nel panorama del diritto costituzionale comparato.

Forse può adattarsi anche a lui quello che, nella sua introduzione alla ripubblicazione del saggio del suo Maestro Giuseppe Maranini “La Repubblica” (Vallecchi, Firenze, 1973), Ortino scrive su di lui a quattro anni dalla scomparsa: “Voleva salvare i principi ma non le forme. Per questa ragione può dirsi che Maranini non ha lasciato una ‘scuola’, nel senso di una ristretta cerchia di studiosi insediati in cattedre universitarie” (p. XI).

In effetti, nel ringraziare per avermi chiesto questo contributo solo perché fui suo studente nel corso da lui svolto a Pisa nell’anno accademico 1981-1982, non posso non ricordare la piacevole sfida che allora propose a noi studenti sottolineando costantemente tre aspetti tutt’altro che scontati almeno allora nel dibattito accademico e civile-politico: a parità di altri fattori storico-sociali la preferibilità di formule elettorali maggioritarie su quelle proporzionali, la spiegazione della Costituzione spagnola allora molto recente e del carattere indeterminato del suo tipo di Stato, il nuovo ruolo della giustizia costituzionale francese dopo l’alternanza presidenziale e parlamentare.

Dal 1973 Ortino si trasferisce alla Facoltà di Scienze Politiche di Pisa, come vari altri fiorentini prima e dopo di lui, dove insegna Diritto Costituzionale Italiano e Comparato e Diritto Parlamentare.

Nel 1980 vince il concorso di ordinario in Diritto pubblico comparato, con una commissione composta da: Mario Galizia, Giovanni Bognetti, Antonio Angelo Cervati, Francesco D'Onofrio, Silvano Tosi. Gli altri vincitori sono: Paolo Armaroli, Paolo Caretti, Stefano Merlini, Carlo Mezzanotte, Antonino Pensovecchio, Franco Pizzetti, Giogio Recchia, Antonio Reposo, Sara Volterra

Si sposta in seguito come professore ordinario dai primi anni ’80 al 1994 alla Facoltà di Scienze Politiche a Bologna su sollecitazione del prof. De Vergottini, di cui adottava il Manuale, con vari periodi trascorsi a Tegucigalpa, Freiburg, Leghorn, Paris X, Georgetown, Londra.

Nel 1994 rientra a Firenze nella Facoltà di Economia, essendosi spostato come interessi accademici sul diritto pubblico dell’economia.

Dal 1999 al 2002 è a Verona dove ritorna a insegnare Diritto Costituzionale Italiano e Comparato, mentre inizia a collaborare con l’Accademia europea di Bolzano (Eurac), dove curava sin dal 1996 l’area “Minoranze e autonomie”, che dirigerà fino al 2002, su diritto ed economia. Dal 2002 al 2007 resta sulla medesima materia all’Università di Verona.

Un liber amicorum è stato pubblicato in Germania nel 2012 dall’editore Nomos di Baden-Baden, curato dagli allievi Francesco Palermo, Giovanni Poggeschi, Gunther Rautz, Jens Woelk col titolo “Globalization, technologies and legal revolution: the impact of global changes on territorial and cultural diversities, on supranational integration and constitutional theory: liber amicorum in memory of Sergio Ortino”.

  1. Il trittico di Ortino già evidente nel 1968

Il suo primo volume, “L’esperienza costituzionale della Corte di Karlsruhe”, Giuffé, Milano, 1966, riprende la sua tesi di laurea. In esso elogia il “senso del limite, di autodisciplina, immanente alla natura stessa del diritto, necessario alle istituzioni statali se vogliono rimanere legittime” (p. 216)

Gli elementi di fondo del suo pensiero si trovano già nella sua Nota come traduttore al saggio di Ferdinand Hermens “La democrazia rappresentativa” (Vallecchi, Firenze, 1968), pubblicata anche separatamente nello stesso anno dalla stessa casa editrice, col titolo “Considerazioni sui sistemi elettorali nella teoria e nella realtà”, che segue alla Presentazione del suo maestro Maranini e che sono conformi a quelli del Maestro. Per Maranini l’opzione per formule elettorali maggioritarie che consentono un’investitura popolare del Governo, in tal modo responsabile a fine mandato rispetto agli elettori, è uno dei tre pezzi chiave di un sistema liberale moderno, insieme all’autonomia del potere giudiziario e della Corte costituzionale e a “un valido sistema di autonomie territoriali e non territoriali” (p. VII). Nella su Nota, Ortino riprende l’Introduzione di Maranini, segnalando che solo con questo insieme di “poteri - controlli - limitazioni” si può evitare di «veder minacciata ogni libertà politica» (pp. XXX-XXXI).

Come vediamo c’è qui in nuce l’insieme degli studi di Ortino: che parte anzitutto dalle formule elettorali e che si dedica poi a scritti in materia bancaria (a partire da “Banca d’Italia e Costituzione”, Pacini, Pisa, 1979 con cui si presenta al concorso di ordinario), compresa l’istituzione della Bce (di cui non ci occupiamo per restare nell’ambito del costituzionale comparato, ma ben ricostruiti da de Vergottini e Stefanelli, ferma restando la connessione tra diritto pubblico dell'economia e diritto costituzionale comparato a causa della crisi degli Stati nazionali accentrati) e delle istituzioni del federalismo.

  1. Sistemi elettorali e contropoteri: con Hermens, oltre Hermens

Sui sistemi elettorali, nella Nota alla traduzione di Hermens, Ortino dialoga oltre che con lo studioso tedesco, anche con Duverger e Sartori, in particolare rispetto all’intreccio tra formule elettorali e sistemi di partito. Di particolare pregnanza tre aspetti originali: l’osservazione dinamica secondo la quale la spinta alla moltiplicazione dei partiti che è insita nelle formule proporzionali può non manifestarsi subito per caratteristiche socio-culturali che congelano le appartenenze ma che ciò può accadere comunque in seguito (p. XVII) ; il rilievo del potere di scioglimento come deterrente nel disciplinare le maggioranze, soprattutto in presenza di sistemi selettivi che mettono in gioco la rielezione di molti parlamentari (pp. XVIII-XXII).; l’importanza della dimensione di scala dei Paesi nella scelta dei sistemi elettorali e delle forme di governo (p. XXVI). Quindi Ortino traduce Hermens, ma in un certo senso lo corregge, con una maggiore attenzione ai fattori socio-culturali e a quelli istituzionali che concorrono agli esiti di una politica efficace e responsabile, ma non invasiva, non meno delle formule in senso stretto. Alcuni fattori, scrive Ortino, “sono scarsamente o solo indirettamente considerati da Hermens” ma “la forza aggregatrice” di un sistema maggioritario deve “essere compensata ed equilibrata da un solido equilibrio di poteri e di sicuri controlli anche giurisdizionali” (P. XXXII). Come hanno sottolineato de Vergottini e Stefanelli, la sua attenzione al dover essere delle norme in materia elettorale era inscindibile da quello all’essere, alla realtà effettiva su cui si dovevano inserire le norme. 

In “Riforme elettorali in Germania” (Vallecchi, Firenze, 1970), Ortino dimostra poi una particolare consapevolezza del rapporto tra forma di governo e sistema elettorale. Un conto infatti era la richiesta di un sistema rappresentativo col voto uguale, universale e con formula proporzionale in un contesto di monarchia costituzione pura, in cui il Governo procedeva dal Sovrano per uscire da una forma poco democratica “anche se stabile ed efficiente” (p. 36) ed un altro riproporre le stesse istanze in una forma parlamentare, dove il Governo si sarebbe trovato a dipendere da un’Assemblea frammentata, al di là dell’elezione diretta del Capo dello Stato (p. 36). Qui Ortino riprende l’insegnamento di Hermens secondo il quale non si poteva più parlare di rappresentanza nel modo classico, ossia di rappresentanza di fronte all’esecutivo impersonato dal Re, a “un organo indipendente dal volere popolare” (qui citato a p. 137). Si è invece passati a un assetto che richiede attraverso la mediazione del Parlamento che l’esecutivo sia direttamente rappresentativo e che dovrebbe comportare sul piano teorico una preferenza per i sistemi maggioritari che danno alle democrazie “il carattere della responsabilità del potere e della democraticità del Governo come scelta popolare di una determinata guida politica” (p. 167). Questa preferenza resta comunque relativa al grado di stabilizzazione delle democrazie, come chiarirà infine nel Manuale: decidere o meno di “massimizzare le garanzie” in contesti fragili o di poterne “fare a meno” sono “scelte... di competenza del politico”, agli scienziati spetta solo il compito di porre quanto più possibile i termini della scelta in modo chiaro e comprensibile” (p. 88). Nel Manuale anche l’originale definizione della forma di governo francese come “presidiale; intenta a proteggere il Governo con alcuni importanti correttivi a partire dal Presidente, dai suoi poteri e da quelli del Governo in Parlamento” (p. 333), “con la previsione dell’opportunità di riduzione del mandato presidenziale e dell’inserimento di un tetto ai mandati che si verificheranno negli anni seguenti” (p. 332).

  1. L’originale elaborazione federalista difforme dal federalismo europeo tradizionale

Le riflessioni di ispirazioni federalista sono utilizzate da Ortino soprattutto per illuminare la costruzione delle istituzioni europee con un’ottica realistica e decisamente avversa all’idea che si possa riprodurre uno Stato federale vero e proprio che di norma passa per essere la posizione definita tradizionalmente come federalista. Ne “Il nuovo nomos della terra” (Il Mulino, Bologna, 1999) profetizza che proseguirà il doppio svuotamento degli Stati nazionali ‘ tuttofare’ sia verso l’alto sia verso il basso (p. 146), ma che anche per questo non si potrà o riproporre quella logica di devoluzione univoca verso l’alto come nel tradizionale federalismo europeo (p. 150), in modo che alla fine sovrani siano “i singoli individui, i vertici di capovolte piramidi del potere sovrano” (p. 153) e non uno Stato federale piramidale.

Questa impostazione, come aveva già chiarito in “Ordinamenti costituzionali federativi. Analisi sulla natura giuridica delle Comunità europee” (Firenze, Cedeur, 1990, pp. 351/353) e quindi nell’“Introduzione al diritto costituzionale federativo” (Giappichelli, Torino, 1993) fa perno sull’idea che le forme di Stato “a base federativa” non sono né “transeunti” né produttive di “scarsi risultati” (p. 329). Esse si basano su “caratteri peculiari” sul “principio aggregativo” e sul “principio di garanzia”, con “l’invio di delegati negli organi comunitari” e il “voto unanime” (p. 330). Come chiarirà ulteriormente nel Manuale “Diritto costituzionale comparato”, Il Mulino, Bologna, 1994: “Le Repubbliche federative… sono caratterizzate per l’assenza di un potere centrale dominante, per una struttura organizzativa decentrata composta di vari enti esercitanti poteri sovrani” (p. 57).

  1. Una breve conclusione

Concluderei questa breve riflessione, che invita a rileggere i testi dell’Autore, sempre stimolanti, con la sua esortazione contenuta nell’ultima opera, “La struttura delle rivoluzioni economiche” (Cacucci, Bari, 2010) a superare grazie alla comparazione “il recinto ristretto e soffocante” del solo ordinamento di partenza.  Quello che ha provato a fare in varie forme sempre nuove, mantenendo i principi del costituzionalismo liberale.

 

Globalization, Technologies and Legal Revolution

The Impact of Global Changes on Territorial and Cultural Diversities, on Supranational Integration and Constitutional Theory

Liber Amicorum in Memory of Sergio Ortino

(di Francesco Palermo, Giovanni Poggeschi, Günther Rautz e Jens Woelk)

 

Legal theory owes much to Sergio Ortino. His extraordinary talent and intellectual curiosity, combined with sound methodological legal background, made him a pioneer in exploring new legal fields, bridging many of the barriers that normally legal scholars do not dare to cross.

Intellectual challenge was his bread and butter. He was only looking forwards, never backwards, and after having thoroughly explored an issue, his curiosity made him turn immediately to the next one. After establishing himself as one of the most prominent comparative constitutional lawyers in Italy, teaching and researching in several universities including Pisa and Bologna, the traditional academic horizon became too tight and narrow for his innate search for new challenges. He intensified his contacts with foreign scholars, looking especially for those of other disciplines than law, in order to deepen his knowledge in fields that are essential to better understand the most profound reasons of legal phenomena. This ample look beyond legal phenomena made him a forerunner who could explain legal developments long before others. All research done especially in the last twenty years of his extraordinary career was devoted to exploring new fields, to investigating the relationship between legal phenomena and economics, anthropology, history, and to trying to present the trends of legal development, identifying areas where research will be needed in future. His curiosity about Asia and especially China, and his critical view on European Union evolution are just two examples which show how foresighted he was in his research. He wrote about globalization long before this fundamental issue became “fashionable” and analysed by other legal scholars.

In the course of his trajectory, EURAC was a milestone of Sergio Ortino’s career, providing the ideal environment where he could set up something new, in terms of both research areas and working methodology.

As the first director of the then research area “Minorities and Autonomies” and founder of the two following institutes (Institute for Studies on Federalism and Regionalism and Institute for Minority Rights), Sergio Ortino was the father of comparative constitutional research in South Tyrol. He created, developed and established a new research methodology and new research areas, rooted in the peculiar legal situation of the Autonomous Province of Bolzano/Bozen (South Tyrol) as an autonomous territory with strong minority protection which translates into a special legal system differentiated from the rest of the Italian legal system in many features. He developed his fields of studies by adding a transnational, comparative and trans-disciplinary view, thus creating the ideal environment for developing EURAC into a leading research institutions in territorial and cultural diversity issues – an approach going beyond ‘mere’ comparative federalism and minority rights.

The editors of this volume had the privilege and the pleasure of being among the first young scholars working with Sergio Ortino at EURAC from the early days, helping him create, develop and establish the research areas which are now consolidated thanks to his intuition and perseverance. As of mid 1990ies, he has guided a motivated group of young scholars with his wisdom and vision, with his charming personality and his teaching, with his innovative working methods. However, Sergio has never been a classical academic mentor. He was helping a young generation of scholars grow independently, absorbing the knowledge of extraordinary scholars like him and those who he involved in experimental and highly successful research endeavors.

When Sergio turned 70, on 29 December 2010, we developed the idea of putting together original contributions written by some of his older and younger friends and colleagues. In the process of preparing the volume, his health suddenly deteriorated, and he passed away unexpectedly on 6 July 2011. We have however decided not to abandon the project of a book written by Sergio’s academic friends even though a happy celebration of a fulfilled academica life had become a sad remembrance.

The papers collected in this volume are divided into five main areas mirroring Sergio Ortino’s main research interests. While his academic production and interests have been countless – as the reader can see from the brief CV at the end of this book – we believe that his memory will especially be honored by contributions dealing with topics that have particularly fascinated Sergio in the last twenty years and that represent his main academic and intellectual legacy. These main areas in which the volume is structured are “Globalization, technology and the new Nomos of the earth” (echoing one of his most famous books); “Constitutional theory”; “Supranational integration”; “Federalism and territorial diversity management”; “Minorities and cultural diversity management”.

We hope that the essays contained in each section of this book can be considered as little examples of the type of research Sergio has been key in establishing, and thus contribute to the continuation of his research as well as reminding of his example. We want to thank all authors of the papers who decided to honor Sergio’s memory together with us. A special thanks goes to Greta Klotz who joined EURAC too recently and did not have the privilege to meet Sergio, for her engagement in coordinating the organizational aspects of this publication and pushing it forward.

Thank you, professor Ortino, for all you have taught us. You will always be remembered, through your work as well as a person and friend!

Bolzano/Bozen, March 2012

 

In ricordo di SERGIO ORTINO

Diritto pubblico comparato ed europeo, n. 4/2011, XV-XXII

(di Maria Alessandra Stefanelli e Giuseppe de Vergottini)

La carriera accademica di Sergio Ortino è esemplificativa di ciò che ogni studioso di vaglia dovrebbe possedere, e cioè un lungo percorso di studi che si snoda attraverso problematiche difficili tese a lanciare sfide più che a risolverle, a percorrere nuovi sentieri di analisi più che seguire la via più battuta, a inaugurare metodologie di studio realmente interdisciplinari nella consapevolezza fondante che il sapere è sempre unum.

Sergio Ortino, in ciò, è sempre stato un innovatore, una mente libera e priva di steccati e confini, e lo è stato sin dall’inizio dei suoi studi, quando nel 1966 pubblica “L’esperienza della Corte costituzionale di Karlsarhue” e nel 1968 “Considerazioni sui sistemi elettorali nella teoria e nella realtà”, ove a fianco di uno studio rigoroso del dato formale si ritrova una profonda attenzione per gli effetti sul mondo giuridico ed economico cui esso dà luogo; potremmo dire che sin dal suo primo studio Sergio Ortino appare ciò che è e che nel tempo perfezionerà vieppiù, e cioè un ricercatore che non si accontenta della lettura, pure erudita e importante, del dover essere, ma si interroga con curiosità e rispetto circa la natura dell’essere e degli effetti che travalicano la sfera giuridica e incidono, significativamente, sulla realtà che devono regolare.

All’interno di questo circuito, anzi, evidenzia con singolarità di intuizione e, potremmo dire, premonizione, quella connessione esistente all’interno del  circuito della regolazione giuridica che solo ai nostri giorni si appalesa in tutta la sua criticità: nel mettere in discussione istituti giuridici tradizionali e consolidati, Sergio Ortino si addentra nei meccanismi economici prima e sociali poi, alle cui necessità e ai cui needs il diritto deve fare fronte e fornire risposte adeguate e efficaci.

In questo senso e con questa attenzione al dato giuridico possono essere lette e interpretate le tematiche di ricerca più risalenti nel tempo come quelle più recenti, che possono suddividersi in tre imponenti filoni di studio, il primo dei quali è relativo ai meccanismi di regolazione di funzionamento delle istituzioni democratiche (si vedano La responsabilità costituzionale del Presidente della Repubblica, in Rivista italiana di scienze giuridiche, Milano, 1973; L’indipendenza del giudice secondo la giurisprudenza costituzionale, in L’ordinamento giudiziario, Bologna, 1974; Per una ricostruzione teorica dei partiti politici negli Stati contemporanei, in Il Foro amministrativo, 1983; Diritto costituzionale, storia, ordinamenti, teoria, Firenze, 1990; Relazione sulla parte riguardante la forma di Stato, in Giurisprudenza costituzionale, 1995, Referendum e assemblea costituente, in Scritti in onore di Giuseppe Guarino, 1998), che Sergio Ortino mette sempre in relazione intima e feconda con il dato comparativo, costante strumento di interpretazione di diverse architetture giuridiche - ma anche di differenti realtà fattuali- utile strumento mediante il quale superare il recinto soffocante, come scrive lui stesso, “cui spesso il giurista cade, allorché dà eccessiva importanza al diritto in cui vive e da cui dipende in genere la quasi totalità della comunità di appartenenza”. A questo filone di indagine si ascrivono altresì, oltre ai lavori ora citati, anche Proporz und Staatskrise in Italien, in Verfassung und Verfassungwirklinchenkeit, 1969, Riforme elettorali in Germania, Firenze,1970; Forme di governo in diritto comparato, Firenze, 1975; Diritto costituzionale comparato, Bologna, 1994.

In questo contesto Sergio Ortino introduce all’esame, o sarebbe meglio dire, al riesame critico, della configurazione federativa dell’ordinamento giuridico (Ordinamenti costituzionali federativo. Analisi sulla natura giuridica delle Comunità europee, Firenze, 1990, in cui ci si sofferma sull’origine e l’evoluzione di alcuni ordinamenti federativi come quello delle Province Unite dei Paesi Bassi, la Federazione tedesca e la Federazione elvetica entrambe del 1815, gli Stati Uniti d’America e le Comunità europee), di cui comprese sin da subito la complessità come si evince dai Suoi studi sulla costruzione dell’ordinamento europeo, in relazione al quale talora richiamava una frase di Andrew Shonfield che nel 1973 definiva il processo di integrazione europea un “viaggio verso l’ignoto” per sottolineare la complessità di un processo in divenire e non per metterne in dubbio la necessarietà , anche se nei suoi numerosi studi dedicati alla Unione europea non erano taciuti quegli elementi di criticità legati agli elementi essenziali di essa - l’omogeneità come presupposto del patto originario e presupposto di patto successivo, l’originarietà, l’indispensabilità e la sussidiarietà come principio di struttura, le legittimità federativa - che oggi sono oggetto di acceso dibattito (si richiamano qui Ordinamenti costituzionali federativi, Firenze, 1990; Introduzione al diritto costituzionale federativo, Torino, 1993). 

Accanto alle forme tradizionali di federalismo come diritto Sergio Ortino indica allora la necessità di individuare un nuovo tipo di federalismo, inteso come funzione, in grado cioè di ridisegnare gli assetti statali in conformità ai grandi cambiamenti strutturali del mercato (in questo senso si vedano, tra gli altri, Globalizzazione e federalismo funzionale tra descrizione e prescrizione, in Bollettino di informazioni costituzionali e parlamentari, 1994; Per un federalismo funzionale, Torino, 1994; Regionalismo e federalismo. Il punto su in dibattito, in Archivio giuridico, Modena, 1996; La sfida federalista nell’era della globalizzazione, in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 1996; Functional Federalism between Geopolitcs and Geoeconomics, in The Changing Faces of Federalism, Manchester University press, 2005)

La seconda tematica cara a Sergio Ortino è senza dubbio collegata profondamente agli studi precedentemente indicati, è estensione di tematiche contigue, solo parzialmente distanti, ed invero sostanzialmente e profondamente connesse tra loro: questo secondo percorso di studi inaugura una nuova lettura della regolazione giuridica come analisi dell’impatto di essa sul mercato, e perciò non neutra rispetto alle attività economiche regolate né dei soggetti imprenditori, utenti, consumatori che di essa sono comunque destinatari. La nuova attenzione non più - o meglio, non solo – alla norma giuridica astrattamente e solo teoricamente considerata ma ad essa come strumento su cui costruire e calibrare una norma giuridica efficiente per il mercato, configura Sergio Ortino come uno dei primi e principali studiosi della materia del Diritto dell’economia in Italia, che egli analizza sempre in una prospettiva sincronica e diacronica, nella convinzione che sia possibile rintracciare “i princìpi giuridici fondamentali, ovvero le matrici del comportamento umano da cui le società organizzate traggono ispirazione e forma per la loro vita collettiva e sociale”.

Sergio Ortino coltiva tale disciplina soprattutto in relazione allo studio della regolazione del mercato finanziario e dei sistemi centrali di vigilanza bancaria, non considerati come strumenti a se stanti ma invero come facenti parte di un più ampio e complesso sistema costituzionale di disciplina dell’economia (si ricordano gli studi La nascita della Banca centrale, in Imprese, ambiente e pubblica amministrazione, 1975; La Bundensbank e la legge sulla stabilità economica, in Economia pubblica, 1975; I poteri della Banca d’Italia e il loro uso dopo l’inizio della crisi, in Città e Regione, 1976; La legislazione bancaria degli anni Trenta negli stati Uniti d’America, Svizzera, Germania, Belgio, in Banca e industria tra le due guerre. Le riforme istituzionali e il pensiero giuridico, Bologna, 1981; Banca d’Italia, voce in Enciclopedia Giuridica Treccani, 1983; Banche centrali tra autonomia e indipendenza, in Banca Impresa Società, Bologna, 1986; Riflessioni in tema di concorrenza bancaria, in Note economiche, 1986; Profili costituzionali della Banca centrale europea, in Banca Impresa Società, 1990; Diritto bancario tra pluralismo istituzionale e direttive comunitarie, in Banca Impresa Società, 1991; Il sistema europeo di banche centrali dopo gli accordi di Maastricht: premesse giuridico istituzionali, in Banca Impresa Società, 1992; L’ordinamento bancario in Italia e in Spagna: una comparazione diacronico-sistematica, in Legislazioni bancarie della Comunità europea, Roma, 1993; La Banca centrale nella costituzione europea, in Quaderni costituzionali, 1993; La cooperazione internazionale e transfrontaliera in materia di vigilanza bancaria, in Diritto delle banche, degli intermediari finanziari e dei mercati, 2003).

Dei molti studi sopra citati vale la pena ricordare che ognuno di essi si connota per offrire a chi legge idee sempre nuove e reticolati di pensieri originali che permettono di ripensare criticamente ciò che si è altrove appreso, all’interno di uno specifico processo di maturazione e approfondimento coraggioso e innovativo. Così tra i numerosi studi importanti in materia di regolazione finanziaria, ci piace qui ricordarne almeno due, in cui lo spirito “pionieristico” e l’indomita capacità di raccogliere la sfida di Sergio Ortino raggiungono massima espressione e significatività e che si segnalano per la estrema attualità delle osservazioni in esse contenute: il primo è il noto studio Banca d’Italia e costituzione, Pisa, 1979 (dedicato ad Enzo Capaccioli, cui Sergio era legato da vincoli di stima e amicizia), che ha avuto amplissima eco all’interno della dottrina giuridica nazionale per la raffinata ricostruzione dell’art. 47 della Carta costituzionale posto in riferimento non solo alla norma giuridica primaria ma collocato e interpretato all’interno di un contesto più vasto di raccordo con l’evoluzione dei sistemi e degli ordinamento monetari, in ossequio a quell’interpretazione di risparmio monetario, familiare e facoltativo che è perno per Sergio Ortino di uno sviluppo del sistema sociale e democratico del nostro Paese. La medesima erudita e coltissima collocazione di Banca d’Italia all’interno di tale sistema e dell’ordinamento costituzionale nazionale (in qualità di banca di emissione, di banca delle banche, di banca di Stato, di organo di vigilanza, di banca di riserva), all’interno dell’ordinamento monetario e della esperienza repubblicana sino ad allora posta in essere, se letta oggi contiene elementi importanti di rilettura e di riflessione in ordine allo svolgimento della funzione di emissione quale elemento storicamente, economicamente e giuridicamente fondante della istituzione di Banche centrali, cui oggi si potrebbe utilmente ripensare in senso critico all’indomani dell’accentramento della funzione di emissione in capo alla BCE.

Egualmente stimolante e ricco di spunti comparatistici, l’altrettanto noto studio Uguaglianza concorrenziale e sistema bancario USA, Bologna, 1989, che nell’analizzare le vicende più caratteristiche del sistema finanziario statunitense degli ultimi decenni sotto lo specifico e per nulla scontato profilo della cd. “uguaglianza concorrenziale” tra istituti bancari, definisce il percorso che ha condotto tale sistema bancario da uno stato iniziale di prevalente specializzazione verso uno stato finale di prevalente despecializzazione, sviluppate entrambe all’interno di due aree normative complesse ed articolate e cioè quelle dei rapporti tra Stato centrale e Stati membri  (il cd. competitive federalism) e quelle sviluppatesi invece all’interno del pluralismo istituzionale. Il principio del dual banking system che caratterizza il sistema bancario americano, esaminato da Sergio Ortino alla fine degli anni Ottanta, assume oggi valenza profetica in relazione alle crisi finanziarie statunitensi dei nostri giorni, evidenziando come profili di criticità organizzativa organizzative del sistema bancario e della struttura istituzionale di vigilanza e supervisione (SEC, FRB) fossero già sin da allora ben presenti all’interno dell’ordinamento statunitense, quasi a preludio di quelle problematiche cui ancora ai nostri giorni si cerca di rispondere, non senza difficoltà e preoccupazione, con misure e soluzioni i cui esiti sono ancora, per larga parte, incerti.

Il terzo ambito di ricerca, sempre in verità presente nei Suoi studi, prima in nuce e via via sempre più capace di imporsi con forza, anzi potremmo dire capace di imporsi allo stesso Autore, è rappresentato dall’indagare la radice primigenia del diritto, e cioè dallo studio delle origini che rapportano lo Studioso al futuro di esso: analisi colta, profonda, mai scontata e sempre ragionata imperniata sulla determinazione di volere intraprendere un viaggio di cui non si è certi dell’arrivo ma di cui si intravede la esigenza per comprendere il diritto di oggi e la sua attuale crisi: quello che Sergio Ortino intraprende è un viaggio e come ogni viaggio l’arrivo non è la meta, ma è il percorrere nuove vie per incontrare nuovi volti e nuovi luoghi.

Così con Il nuovo Nomos della Terra, Bologna, 1999, Sergio Ortino inizia un percorso intellettuale ardito e bellissimo finalizzato alla sistematizzazione delle radici del cd. “diritto vivente”, alla individuazione del Nomos inteso quale piena immediatezza di una forza giuridica non mediata da leggi; seguendo l’indicazione di Schmitt, un evento storico costitutivo, un atto di legittimità che solo conferisce senso alla legalità della mera legge. All’interno di questa ricerca l’Autore richiama l’attenzione degli studiosi di diritto circa la necessità di affrontare la ricerca giuridica in modo nuovo, atto a comprendere le implicazioni giuridiche e istituzionali che dai nuovi cambiamenti del mondo reale (es. le innovazioni tecnologiche) affinchè i giuristi possano realmente svolgere quella funzione pubblica cui sono chiamati e cioè ad offrire, come ci ricorda Sergio “adeguati strumenti per una buona navigazione sociale e politica, mai come oggi indispensabili per le  sorti dell’umanità”. Sergio Ortino ci ha senza dubbio offerto tali strumenti e lo ha fatto con quella generosità che Gli era propria e che coloro che hanno avuto la fortuna di incontrarLo e conoscerLo hanno sperimentato, la stessa generosità che lo ha indotto a intraprendere la Sua ultima opera La struttura delle rivoluzioni economiche, Bari, 2010, in cui egli inaugura, ancora una volta, un percorso di indagine del tutto nuovo, in cui l’analisi giuridica diviene un tutt’uno con il sapere economico, sociale, antropologico, biologico, geologico, tecnologico, nella piena consapevolezza che davvero il sapere è unum e ogni disciplina, seppure con proprie metodologie e regole, concorre a  definire tale unicità.

La maestosità dell’opera non può essere illustrata a chi non ha avuto la opportunità e la fortuna di tenerla tra le mani e di assaporarne pagina per pagina il contenuto, a chi non ha gustato il piacere di imparare sempre, in ogni pagina, qualcosa che non sapeva, a chi non ha potuto leggere la bibliografia critica posta in calce al volume (che rappresenta di per sé stessa una altra opera). A costoro forse può essere richiamato, in questa sede, il principio che rappresenta il leit motive, il cordon rouge attraverso cui si snoda e si dipana una ricerca difficile e appassionante e cioè la considerazione che ogni analisi, e in primis quella giuridica, deve partire dall’assunto che il cambiamento è il principio dell’universo, e che esso è stella polare di riferimento di qualunque ricerca scientifica e solo dallo studio del cambiamento può nascere una “nuova disciplina, che vada oltre l’area delle disposizioni sanzionate da una autorità…al fine di indagarne anche le origini autentiche del diritto ed evidenziarne la specificità rispetto alle altre norme sociali in modo tale che emergano quei caratteri primordiali del comportamento umano capaci di ispirare la nascita delle norme giuridiche di una comunità per un tempo relativamente lungo”.

Tutti gli studi precedentemente citati rappresentano efficacemente l’ardire intellettuale di Sergio Ortino, ma certamente quest’ultima opera, alla quale era – crediamo – particolarmente legato lo era più di tutte, perché essa è, in certo senso, riassuntiva di tutte le caratteristiche presenti nelle prime: essa è in altri termini, ciò che lascia in eredità a chi viene dopo di lui, perché altre generazioni di studiosi del diritto possano da essa partire verso una nuova ricerca su queste basi davvero innovative e entusiasmanti. Ma se quella che si è cercata sino ad ora di tratteggiare è la figura di Sergio Ortino studioso, è importante qui ricordare che egli fu anche vero Maestro, e come ogni vero Maestro leggeva i giovani, desideroso di cogliere spunti di originalità e di freschezza anche all’interno di un tema ampiamente dibattuto e già battuto in dottrina: dei giovani pensiamo amasse la loro capacità di percorrere nuovi sentieri che, anche inconsapevolmente, portassero a inediti spunti di riflessione, il loro porsi al di fuori di polverose convenzioni accademiche che richiedevano il mero ossequio, e perciò sollecitava continuamente in loro la forza di porsi “contro” – o almeno di non appiattirsi nei confronti di - una idea preconcetta o nota. Si rallegrava con loro per ogni osservazione che schiudesse a nuove idee. Come ogni vero Maestro sosteneva gli allievi nei momenti più duri della loro carriera con serenità e ottimismo, senza risparmiarsi e senza farsi pregare: anzi, poche parole Gli erano sufficienti per comprendere assai più di quanto gli allievi stessi potessero riferire. Ciò perché Sergio riteneva che ogni giovane studioso fosse una promessa e non una minaccia, un’opportunità e non un fastidio, una fonte di curiosità verso il nuovo e non una pedina del vecchio, un’occasione di confronto all’interno di un circuito meritocratico intellettuale ove l’intelligenza, la cultura e l’innovazione giocano un ruolo di essenziale ricambio generazionale e sociale.