GAETANO MOSCA

(Palermo 1 aprile 1858 – Roma 8 novembre 1941)

Gaetano Mosca nasce a Palermo il 1° aprile 1858 da una famiglia della media borghesia siciliana. I suoi interessi convergono presto verso gli studi storici e giuridici. Si laurea in Giurisprudenza nel 1881 e si avvia subito alla carriera accademica.

Nel 1884, a soli 26 anni, pubblica il libro che lo renderà celebre: Teorica dei governi e governo parlamentare (ora in Scritti politici di Gaetano Mosca, a cura di G. Sola, volume primo, Torino, 1982). In questa opera ritroviamo già tutti i tratti fondamentali del pensiero elitista classico, di cui Mosca è stato, unitamente a Vilfredo Pareto, il fondatore. Un pensiero che ha influenzato alcuni tra i più importanti studiosi di scienze sociali del Novecento: da Schumpeter a Ortega y Gasset, da Aron a Sartori, e tanti altri. Il paradigma elitista viene enucleato da Mosca con ruvido realismo. Tutti i diversi regimi politici apparsi sul proscenio della storia sono caratterizzati da un elemento comune: la lotta di minoranze organizzate per l’acquisizione e il mantenimento del potere. È da questa costatazione, che affonda le radici nel pensiero di Machiavelli, che bisogna partire per analizzare i concreti meccanismi di funzionamento di un sistema politico, naturalmente ciascuno con le proprie peculiarità sul piano dell’organizzazione e della circolazione delle élite.

Grazie a questo importante volume ottiene un incarico di insegnamento in Diritto costituzionale presso l’Università di Palermo, nonché la libera docenza presso quella di Roma, dove si trasferirà nel 1887, anno in cui dà alle stampe Le Costituzioni moderne (ora in G. Mosca, Ciò che la storia potrebbe insegnare. Scritti di scienza politica, Milano, 1958), libro in cui affina l’analisi comparativa dei sistemi costituzionali, mostrando sempre una spiccata propensione a coniugare il dato giuridico con l’analisi storica, alla ricerca delle più profonde e reali cause del funzionamento complessivo di un sistema politico.

Del 1896 è la prima edizione degli Elementi di scienza politica (ora in Scritti politici di Gaetano Mosca, a cura di G. Sola, volume secondo, Torino, 1982), che poi vedranno altre due edizioni nel 1923 e nel 1939. Si tratta dell’opera forse più compiuta e matura di questo autore, imprescindibile per coglierne appieno metodologia analitica, impianto concettuale ed evoluzione delle posizioni nel tempo. Per Mosca, gli studi politici, se vogliono acquisire una piena dignità scientifica, devono sviluppare l’attitudine all’applicazione di canoni ermeneutici fondati sulla puntuale osservazione dei fenomeni, appropriandosi e utilizzando appieno i risultati raggiunti nel corso dei secoli dagli studi storici e da quelli giuridici. La sua teoria della classe politica, per cui è conosciuto in tutto il mondo, si sviluppa proprio grazie a queste convinzioni metodologiche. L’analisi comparativa dei profili giuridico-costituzionali di un sistema politico è sempre affiancata e filtrata dalla storia del popolo cui si riferisce, alla ricerca del substrato sociale che sostanzia e condiziona, nel bene e nel male, i meccanismi di funzionamento e gli equilibri previsti dalle norme. In questo quadro nemmeno la democrazia parlamentare fa eccezione e Mosca si impegna a metterne in evidenza aporie e contraddizioni. Nemmeno questo regime politico può prescindere da élite e leadership, la cui circolazione, più o meno rapida e regolare, dipende in larga misura dalle variabili specifiche di ciascuna realtà in cui si applica.

Grazie soprattutto a questo importante volume nel 1896 vince il concorso come professore straordinario di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza di Torino.

Successivamente vince anche il concorso per professore ordinario e nel 1902 è chiamato dalla Bocconi a ricoprire l’insegnamento di Diritto costituzionale ed amministrativo che manterrà fino al 1918, anno in cui lo sostituirà con quello di Scienza politica. Poi, dal 1924 la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma gli assegna la cattedra di Diritto pubblico interno (in sostituzione di V.E. Orlando, passato a quella di Diritto costituzionale).

Nel frattempo entra in rapporti di stima e amicizia con alcuni tra i maggiori esponenti del mondo accademico ed intellettuale dell’epoca: da Luigi Einaudi a Guglielmo Ferrero, da Vittorio Emanuele Orlando a Robert Michels. A cavallo tra i due secoli la sua fama si estende notevolmente grazie all’intensa attività di conferenziere e soprattutto all’assidua collaborazione con il Corriere della Sera di Luigi Albertini, che gli procurerà una sempre maggiore influenza sul dibattito pubblico italiano.

L’ingresso nella vita politica non si farà attendere molto. Nel 1909 è eletto deputato in un collegio siciliano. Alla Camera si colloca sulle posizioni di una destra liberal-conservatrice, da cui intraprende vigorose battaglie politiche contro l’estensione del suffragio e l’introduzione della legge elettorale proporzionale, che lungi dall’essere occasioni di genuina partecipazione considera invece strumenti di manipolazione di masse impreparate volti ad accrescere la legittimazione di minoranze sempre più organizzate, ovvero i nuovi partiti politici. Nel 1914 entra a far parte del governo Salandra come sottosegretario alle Colonie e nel dicembre del 1919 viene nominato senatore del Regno. Dal suo scranno in Senato si interesserà occuperà soprattutto dei problemi dell’agricoltura e dell’alimentazione, oltre che dell’emigrazione e delle Colonie.

Le tragiche vicende che determinano la fine dello Stato liberale italiano lo coinvolgono come parlamentare, come studioso di fenomeni politici e come polemista. Nel 1925 aderisce al manifesto antifascista di Benedetto Croce e al Partito Liberale voluto da quest’ultimo con, tra gli altri, Orlando, Giolitti e Ruffini. Il 21 dicembre di quel fatidico 1925, Mosca pronuncia il più rilevante discorso parlamentare della sua carriera per opporsi al progetto di legge relativo alle attribuzioni e alle prerogative del Capo del Governo, imposto da Benito Mussolini (il discorso è pubblicato integralmente in G. Mosca, Discorsi parlamentari, Bologna, 2003, pp. 359-363). Negli anni successivi completerà la sua parabola intellettuale e di vita con altre importanti pubblicazioni e con prestigiosi riconoscimenti, come la nomina a socio nazionale dell’Accademia dei Lincei. Muore a Roma l’8 novembre 1941.

Questa figura di intellettuale siciliano, professore universitario, deputato e senatore del Regno, commentatore della vita politica, costituisce uno dei pochi esempi di studiosi italiani di scienze sociali la cui opera è conosciuta e dibattuta in tutto il mondo, e le cui influenze sono chiaramente riscontrabili nella produzione scientifica di numerosi autori, come appunto è caratteristica peculiare di coloro che vengono definiti a buon diritto come i classici di una determinata disciplina.

Claudio Martinelli