Paolo Carrozza (Pisa, 9 ottobre 1953-10 settembre 2019)

Paolo Carrozza nasce nel 1953 a Pisa, dove ha svolto buona parte della sua attività di accademico, professionista e amministratore.

Nel 1978 si laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Pisa, relatore il prof. Alessandro Pizzorusso. Già l’argomento su cui verte la tesi di laurea (dal titolo: “L’ordinamento regionale nella seconda Repubblica: dalla Costituzione del ’31 agli statuti delle regioni autonome”) è significativo e in qualche misura premonitore, prefigurando l’adozione di un metodo, quello storico-comparatistico, e la scelta di un tema che poi caratterizzeranno gran parte della successiva attività di ricerca.

Dal 1980 è ricercatore nella facoltà di scienze politiche dell’Università di Pisa, entrando in contatto anche col prof. Sergio Ortino; tre anni dopo si trasferisce all’Università di Firenze, presso l’Istituto di diritto comparato già diretto da Mauro Cappelletti, presso il quale inizia una collaborazione feconda e prolungata con a scuola fiorentina di diritto comparato.

Dal 1987 è professore associato di Diritto pubblico, ancora presso l’Ateneo fiorentino.

Nel 1994 prende servizio presso l’Università di Sassari come professore straordinario di Diritto pubblico comparato. Nel 1998 ritorna all’Università di Pisa come professore ordinario di Diritto costituzionale. Dal 2006 è ordinario di Diritto costituzionale presso la Scuola Superiore Sant’Anna, dove ha prestato servizio fino alla sua prematura scomparsa, il 10 settembre 2019.

I numerosi messaggi che hanno ricordato la figura di Paolo Carrozza, tracciando la figura di uno studioso colto e poliedrico, sono rivelatori della vastità dei suoi interessi, della sua grande affabilità e generosità. Accanto agli studi di diritto costituzionale e di diritto comparato, è stato fra i primi giuspubblicisti italiani a coltivare il diritto costituzionale europeo. Era un uomo di immensa cultura che concepiva il diritto come fenomeno culturale. Non a caso, la sua curiosità lo ha portato a interessarsi all’economia, alla storia alla scienza politica, come anche alla letteratura e al cinema.

In questo breve profilo ci si limiterà a rievocare alcuni punti significativi del contributo di Paolo Carrozza allo studio del diritto pubblico comparato, tralasciando altri filoni importanti (come quelli relativi agli studi sul welfare o quelli dedicati alla pubblica amministrazione, ad esempio).

Viene in rilievo, in primo luogo, il suo impegno nella fondazione dell’Associazione di Diritto pubblico comparato ed europeo, del cui consiglio direttivo è stato il primo segretario, nel 2001. È stato curatore, con Alfonso Di Giovine e Giuseppe Franco Ferrari, di uno dei più importanti manuali di diritto costituzionale comparato, ormai giunto alla quarta edizione (la prima, pubblicata da Laterza, è del 2009)

Nella produzione scientifica del Paolo Carrozza comparatista è possibile identificare diversi temi ricorrenti: la giustizia costituzionale, il federalismo, la tutela delle minoranze.

Nella sua prima monografia, La Cour d’Arbitrage belga come corte costituzionale. Indagine comparatistica sulle garanzie costituzionali della struttura decentrata degli ordinamenti (Cedam, 1985), Carrozza affrontava il tema dell’introduzione di una forma particolarissima di controllo di costituzionalità delle leggi nell’ordinamento belga. Lo studio propone tre chiavi di lettura: le riforme istituzionali che hanno accompagnato la trasformazione dell’ordinamento belga, prima fortemente unitario, in uno Stato regionale; il ruolo delle corti costituzionali nella soluzione dei conflitti normativi fra stato e enti decentrati; le prospettive legate al possibile ruolo della Cour d’arbitrage come vera e propria corte costituzionale e “corte dei diritti”. Nelle conclusioni Carrozza segnalava, anche a dispetto di alcune innegabili peculiarità della Cour, che “le ragioni dell’istituzione della C d’A tendono in definitiva a coincidere con le ragioni che, negli ultimi decenni, hanno consentito e insieme favorito un grande sviluppi della giustizia costituzionale in vari ordinamenti europei” (p. 193). Nel volume si rintraccia una prima riflessione sull’intreccio fra garanzie politiche e garanzie giurisdizionali negli ordinamenti composti. Carrozza è tornato a riflettere sulle evoluzioni che avevano interessato l’organo che ormai stava per mutare il proprio nome in Cour constitutionnelle in un saggio successivo (La Cour d’Arbitrage belga, in Corti nazionali e comparazione giuridica, a cura di Giuseppe Franco Ferrari e Antonio Gambaro, Esi, 2006, 105 ss.). Nel saggio La giustizia costituzionale e i suoi modelli: il problema delle regole su organizzazione e funzionamento. Sintesi di un dibattito (apparso nel volume L’organizzazione e il funzionamento della Corte costituzionale, a cura di Pasquale Costanzo, Giappichelli, 1996, 449 ss.), Carrozza riprendeva la questione della convergenza fra i vari “modelli” della giustizia costituzionale e suggerisce d’impostare percorsi di ricerca che sottolineino, oltre ai fattori di convergenza, anche quelle ragioni di divergenza di cui è necessario tenere conto “per l’ulteriore salto di qualità di ciascun sistema di giustizia costituzionale, al fine di garantire la maggior funzionalità dell’istituto rispetto alla sua funzione primaria”. Su questa scia, si deve segnalare anche i saggi I limiti all’accesso al giudizio sulle leggi e le prospettive per il loro superamento, scritto con Roberto Romboli ed Emanuele Rossi e pubblicato nel volume a cura dello stesso Romboli L’accesso alla giustizia costituzionale. Caratteri, limiti, prospettive di un modello (Esi, 2006, 679 ss.), e Il ricorso diretto di costituzionalità tra storia e idealizzazione: la prospettiva comparatistica, in Patrimonio costituzionale europeo e tutela dei diritti fondamentali. Il ricorso diretto di costituzionalità, a cura di Rolando Tarchi (Giappichelli, 2012, 269 ss.).

Merita di essere menzionata, in considerazione della sua attenzione ai profili sistemologici, anche la voce Corti, pubblicata nel vol. IV del Digesto delle discipline privatistiche (Utet, 1989, 430 ss.); si tratta di uno dei primi contributi sistematici che la dottrina comparatistica italiana dedica al tema del potere giudiziario nella prospettiva della classificazione delle grandi famiglie dei sistemi giuridici ed è rimasta un punto di riferimento per tutte le indagini successive sulla materia.

Paolo Carrozza ha contribuito enormemente allo studio dei sistemi federali, analizzati alla luce di una concezione procedurale (à la Friedrich) e reticolare (à la Elazar), in un itinerario di ricerca intrapreso a partire dal suo articolo sul principio di leale collaborazione su Le Regioni nel 1989 (Principio di collaborazione e sistema delle garanzie procedurali (la via italiana al regionalismo cooperativo), in Le Regioni, 1989, p. 477 ss.). Questo percorso è culminato nel saggio in lingua inglese Central and Peripheral Law, contenuto nel volume del 1988 Law in the Making. A Comparative Survey, curato da Pizzorusso per Springer (risultato di un progetto di ricerca sui sistemi delle fonti del diritto in cui Carrozza aveva attivamente collaborato con Pizzorusso), oltre che nella sua seconda monografia L’evanescente modello, gli ordinamenti a struttura decentrata tra disegni costituzionali e realtà istituzionali pubblicata nel 1992 e, purtroppo, rimasta in edizione provvisoria.

Il tema del federalismo viene poi ripreso nel denso capitolo I rapporti centro-periferia: federalismi, regionalismi e autonomie del già citato manuale da lui curato per Laterza. Da ricordare, perché riconducibili alla sua visione “a rete” (dovuta all’influenza degli scritti di Elazar) anche gli studi sul diritto costituzionale degli enti locali, ricordando, in primis, il lungo saggio Per un diritto costituzionale delle autonomie locali pubblicato nel 2008 nella Rivista di diritto costituzionale. Proprio l’elasticità del concetto di federalizing process che tanto amava ricordare gli ha permesso di spaziare con grande disinvoltura fra diritto interno e diritto comparato, come si nota anche nel fondamentale saggio sulla crisi delle materie (Le “materie”: uso delle tecniche di enumerazione materiale delle competenze e modelli di riferimento del “regionalismo di esecuzione” in La revisione costituzionale del Titolo V tra nuovo regionalismo e federalismo: problemi applicativi e linee evolutive, a cura di Giuseppe Franco Ferrari e Giampaolo Parodi, Cedam, 2003, 69 ss.).

Di grande importanza risulta anche il contributo di Paolo Carrozza allo studio di un tema classico come quello della tutela delle minoranze, il cui punto culminante può forse essere rinvenuto nella voce Nazione per il vol. X del Digesto delle discipline pubblicistiche (Utet, 1995, 126 ss.). Questa voce enciclopedica si caratterizza per conclusioni “aperte”, imperniate sulla crisi degli stati-nazione, la rivalutazione dell’interdipendenza, l’emergere di nuovi nazionalismi e le sfide, spesso inedite, poste dal multiculturalismo. Non a caso, fino alla sua scomparsa aveva fatto parte della Commissione paritetica per la Regione Valle d’Aosta. È un tema su cui Paolo Carrozza è tornato più volte, nella convinzione che il diritto costituzionale fosse soprattutto “integrazione” – ritorna qui l’insegnamento di Smend, uno dei classici cui più era legato – e a esso si ricollega il suo interesse per la cittadinanza e i diritti degli stranieri.

Come Alessandro Pizzorusso, anche Paolo Carrozza ha creduto fortemente nel valore aggiunto della comparazione per gli studi sulla natura dell’integrazione europea. A questa consapevolezza ha aggiunto anche il tentativo di recupere la dimensione federale nel dibattito negli studi europei. Paolo Carrozza è stato infatti uno dei primi comparatisti a insegnare diritto dell’Unione europea in una facoltà italiana. Ben prima che l’approccio federale venisse riscoperto negli studi europei Paolo Carrozza insisteva sulla necessità di recuperare il contributo della c.d. Integration Through Law scholarship di Mauro Cappelletti e ne faceva perno della sua critica al c.d. “costituzionalismo multilivello”, oggetto di analisi nel saggio in spagnolo El “multilevel constitutionalism” y el sistema de fuentes del derecho pubblicato sulla Revista Española de Derecho Europeo (p. 341 ss.) nel 2006.

Da segnalare in questo ambito anche il lungo saggio prodotto del convegno del Gruppo di Pisa tenutosi a Copanello e poi pubblicato con il titolo Tradizioni costituzionali comuni, margine di apprezzamento e rapporti tra Corte di giustizia delle Comunità europee e Corte europea dei diritti dell'uomo: quali diritti? nel volume a cura di Paolo Falzea, Antonino Spadaro e Luigi Ventura La Corte Costituzionale e le Corti d’Europa, Giappichelli, 2003.

Paolo Carrozza, specie nei suoi scritti in lingua inglese, ha contribuito al dibattito sul contributo del lascito del c.d. costituzionalismo post-totalitario alla globalizzazione del diritto. In questo ambito vanno sicuramente segnalati il capitolo Constitutionalism's Post-Modern Opening, apparso nel volume a cura di Martin Loughlin e Neil Walker The Paradox of Constitutionalism: Constituent Power and Constitutional Reform, pubblicato da Oxford University Press nel 2006 e, più, recentemente il lungo saggio Kelsen and Contemporary Constitutionalism: The Continued Presence of Kelsenian Themes (incluso nel volume a cura di Peter Langford, Ian Bryan, John McGarry, Kelsenian Legal Science and the Nature of Law, Springer, 2017 e da poco ripubblicato nel numero speciale 1/2019 della rivista spagnola Estudios de Deusto). In tutti questi scritti emerge l’importanza del confronto con i classici (Smend, Kelsen, Mortati).

Nel tentativo di contribuire alla diffusione della dottrina italiana all’estero aveva ideato e lanciato il progetto Sant’Anna Legal Studies (STALS), inaugurato nel 2008 e ancora attivo. STALS, nella sua idea, doveva costituire la prosecuzione dell’esperienza, già ricordata, di Law in the Making e, soprattutto, degli Italian Studies in Law, quest’ultima maturata con Pizzorusso a Firenze negli anni Ottanta e Novanta e finalizzata a diffondere i migliori prodotti della cultura fuori dai confini nazionali.

Proprio l’esperienza di Senior Assistant Editor degli Italian Studies in Law lo aveva profondamento formato, come lui stesso amava ricordare, sia per l’opportunità di lavorare a stretto contatto con il suo Maestro su un progetto pioneristico e per un editore internazionale di primo piano, sia per la necessità di “tradurre senza tradire” dall’italiano all’inglese termini e concetti giuridici spesso unici, raccogliendo in pieno, per dirla con George Steiner, la sfida del “dopo Babele”.

 

Giacomo Delledonne

Giuseppe Martinico