Geoffery C. Hazard Jr.

(Cleveland (Ohio) 18 settembre 1929 - San Francisco (California) 11 gennaio 2018)

 

A rigore la catalogazione di Geoffrey Hazard come un comparatista può risultare impropria, se non tout court azzardata. Senza dubbio, Hazard è stato un grande giurista in senso generale o per così dire tradizionale; e ciò nel senso appunto di essere stato a lungo percepito quantomeno nella cultura giuridica statunitense, come “the last man who knew everything” (così, acutamente, Marcus, E-Discovery and Beyond: Toward Brave New World or 1984?, 25 Rev. Litig. 2006, 633). Chi, come il sottoscritto, lo ha a lungo frequentato in effetti può senz’altro attestare la sensazione costante di essere di fronte -nel lavoro scientifico a quattro mani come nell’insegnamento e le interrelazioni con i colleghi- a qualcuno di eccezionalmente at ease con le cose del diritto angloamericano e della loro speciale interazione con le cose della vita.

In effetti, questa appartenenza deeply-rooted e altamente qualificata alla cultura giuridica statunitense e anglosassone di common law ha per certo contribuito a configurare Hazard come probabilmente il più grande procedural scholar della seconda metà del XX secolo. Per converso, questa stessa appartenenza ha anche oggettivamente contribuito a delimitare il raggio dei suoi interessi, con l’effetto di una sua percezione esterna come un intellettuale non particolarmente interessato alle altre culture giuridiche. Occorre subito dire che, tuttavia, questa caratterizzazione appare appropriata per descrivere solo una parte del percorso di ricerca di Geoffrey Hazard; e ciò dal momento che, all’incirca a partire dagli anni ‘80 del Novecento, lo sguardo di quest’autore per così dire si estende e diversifica, diventando a tutti gli effetti acutamente curioso anche delle realtà e dei problemi dei modelli processuali diversi da quello statunitense (Taruffo, Geoffrey C. Hazard, Jr.: A Curious American, 150 Penn. L. Rev. 2010, 1313).

Del resto, quello che interessa Hazard, è un fenomeno di trasformazione/mutazione sostanzialmente analogo all’evoluzione dello sguardo di un grande intellettuale italiano suo contemporaneo. Come Vittorio Denti, Geoffrey (Jeff) Hazard svolge nella parte iniziale della sua carriera un’analisi “interna” -ossia, basata sull’analisi anche acutamente critica dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale statunitense nonché at large anglosassone- dei fenomeni caratterizzanti l’ordinamento processuale di appartenenza. E, come Denti, anche Hazard -grazie a una pure analoga chiarezza in fatto di scrittura e di capacità analitica- sicuramente eccelle nella denuncia delle discrasie tipiche di tale modello (Dondi, Il maestro americano - In memoria di Geoffrey C. Hazard 1929 – 2018, in Riv. dir. proc. 2018, 548-554). Come Denti, infine, nella maturità anch’egli muove i suoi interessi volgendo lo sguardo al di fuori dell’American civil procedual system; il che avviene con modalità e per ragioni in parte ancora analoghe e in parte decisamente diverse dall’esperienza del suo grande collega.

Anche Hazard trasferisce nel suo sguardo esterno o comparatista il richiamo ai temi che avevano caratterizzato la sua precedente analisi critica di alcuni essenziali snodi funzionali del litigation statunitense. Intanto, permane essenziale anche in questo sguardo il côté storico di inquadramento dei problemi che aveva caratterizzato -per poi sostanzialmente continuare nel corso del tempo- la prima e quasi giovanile produzione di questo autore (Dondi, Il maestro americano, 550, n. 3). Permangono peraltro anche nella loro specifica sostanza i temi privilegiati da Hazard nella sua precedente attività scientifico-accademica; così per l’attenzione verso le modalità di disciplina e realizzazione concreta degli atti introduttivi, il funzionamento della machinery of discovery nonché per il del tutto particolare interesse verso la prospettiva di legal ethics e di law of lawyering (Dondi, Geoffrey C. Hazard, Jr., and the Comparison, 70 Hastings L.J. 2019, 1067).

Questi temi vengono per così dire “trasferiti” nei lavori comparatistici di Geoffrey Hazard; il tutto con una sorta di agevole automatismo che merita una qualche e pur sintetica spiegazione. In effetti, l’Hazard comparatista è un inarrivabile American legal scholar quando ormai nei suoi cinquant’anni incontra alcuni studiosi europei (essenzialmente italiani) interessati all’American system of litigation e a sua volta inizia a interessarsi alle culture di provenienza di questi studiosi. É innegabile che questa occasione iniziale pervenga a caratterizzare fortemente la “mutazione comparatistica” di Geoffrey Hazard, che in effetti - oltre a diventare a partire dall’ultimo ventennio del ‘900 un autore molto tradotto sulle principali riviste giuridiche del nostro Paese - compie tale mutazione svolgendo essenzialmente un’attività di coauthoring con tali colleghi stranieri.

Pur coinvolgendo in pratica solo due coautori, si tratta probabilmente di forme di collaborazione intellettuale fra le più riuscite nell’ambito della scienza giuridica. Si tratta anche di attività molto diversificate, ma nelle quali l’apporto di Geoffery Hazard è in ogni caso del tutto essenziale. Quanto alla forte diversificazione fra le due principali opere nelle quali si concretano tali collaborazioni è inevitabile, per quanto forse superfluo, segnalare che essa è probabilmente e soprattutto da ricondursi - insieme e oltre alle occasioni della vita accademica - alle diverse personalità dei due coautori. Più interessante sembra aggiungere che per personale conoscenza chi scrive può sicuramente affermare che la stimolazione alla scrittura congiunta è sempre provenuta dallo stesso Hazard, che in effetti riteneva il confronto immediato appunto tipico della scrittura congiunta una delle forme più vere e stimolanti dell’attività intellettuale.

In ogni caso, nel 1995 Geoffrey Hazard scrive con Michele Taruffo quello che secondo molti rappresenta al contempo il più sintetico, denso ed esplicativo manuale di diritto processuale civile statunitense. Un’opera in ogni caso anche configurabile come un abregé avente lo scopo di sottoporre a uno sguardo esterno il vasto dibattito sulla struttura e sui problemi di funzionamento di quel modello processuale (Hazard, Taruffo, American Civil Procedure: An Introduction, 1995). Tradotto in italiano, il libro diventerà non a caso per un’intera generazione di studenti l’“Hazard Taruffo”; un manuale essenziale per entrare in contatto con quel modello e iniziare, se non ad assumere propriamente un atteggiamento comparatista, a percepire il senso di differenze essenziali fra la nostra e quella cultura giuridica. 

Con Angelo Dondi, nel 2004, Hazard scriverà Legal Ethics, A Comparative Study; lavoro che, poi tradotto in varie lingue, ha goduto di vasta diffusione e di un apprezzamento del tutto insperato dai due autori all’inizio e nel corso della lunga (circa un triennio pieno) impresa di redazione. Riguardo a tale opera, superando ovvi pudori, mi limito a rammentare come lo stesso Hazard tendesse a considerarla la più riuscita sintesi comparata dei problemi concernenti il contesto complesso (per ragioni storiche, sociologiche e at large culturali) delle attività dell’avvocato. In effetti, costituisce una mera constatazione il rilievo della circostanza che in argomento non si sono in seguito registrati altri esempi di studi di analoga portata comparatistica e teorica. Al riguardo non resterebbe che rilevare che proprio il ripensamento del tema dei parametri “etici” di esercizio dell’avvocatura - specie nell’attuale momento della complessità e a fronte dell’immensa quanto corrispettivamente sempre più incerta estensione delle prospettive dell’attività professionale - sarebbe quantomeno da auspicare. E ciò soprattutto nella prospettiva di una riconfigurazione generale della concezione del processo civile come law of lawyering; ossia, come modalità della difesa in giudizio da ritenersi etiche o tout court proprie in quanto essenzialmente non abusive dello strumento processuale (Hazard, Dondi, Legal Ethics – A Comparative Study, 2004).

È, infine, segnatamente con Michele Taruffo che la collaborazione di Geoffrey Hazard a progetti aventi una forte valenza comparatistica si struttura ulteriormente. Il riferimento, per molti versi ovvio, è alla realizzazione di un progetto davvero monumentale quale quello delle Transnational Rules of Civil Procedure sotto il patrocinio dell’American Law Institute del quale Hazard è ancora lo storico direttore all’inizio del terzo millennio (Hazard, Taruffo, Transnational Rules of Civil Procedure Rules and Commentary, 30 Cornell ILJ 1997, 495). Come è facile intendere, si tratta di una circostanza che meriterebbe storia a sé; trattandosi di un’impresa implicante attività variegate tanto sul piano teorico sia, come la individuazione ed elaborazione di una philosophy di riferimento, quanto sul piano per così dire istituzionale, come la conseguente redazione materiale di un apparato disciplinare. Sembra qui opportuno prescindere dalla considerazione dell’effettivo o pieno successo di tale impresa; le cui carenze, a parere di chi scrive, sembrano peraltro essenzialmente individuabili nei successivi rimaneggiamenti del testo originale e nel conseguente snaturarsi degli intenti di seria combinatoria fra i modelli perseguito dai due autori originari.  Rileva soprattutto la sua esistenza, nonché la possibilità futura di riutilizzare - con il rispetto dovuto e senza soverchie manomissioni - il lavoro di effettiva elaborazione comparatistica realizzato da due grandi intellettuali del diritto.

Angelo Dondi