Rodolfo Sacco

(Fossano, 21 novembre 1923 –Torino, 21 marzo 2022)

 

Rodolfo Sacco è stato un grande protagonista della cultura giuridica tra il XX e il XXI secolo. Personalità originale, profonda e creatrice, celebre in tutto il mondo, si devono a Lui contributi considerati pietre miliari del diritto comparato e opere fondamentali di diritto civile. Nell’ambito del diritto comparato Rodolfo Sacco è autore di apporti di primissimo piano allo studio dei problemi teorici inerenti al diritto come fenomeno sociale, al metodo comparativo e alla sistemologia giuridica, alla teoria delle fonti del diritto e dell’interpretazione, alla traduzione giuridica, allo studio del diritto dal punto di vista antropologico. La diffusione in Italia della comparazione giuridica come materia di insegnamento nelle Facoltà deve molto all’instancabile attività di Rodolfo Sacco, promotore formidabile dell’idea di introdurre tutti gli studenti allo studio del diritto comparato come strumento per comprendere il diritto, senza condizionamenti o chiusure nazionali. Su questa base, numerose facoltà italiane hanno sviluppato corsi di sistemi giuridici comparati come presupposto per l’ulteriore studio di materie settoriali, trattate attraverso la comparazione. Pensatore aperto allo studio di tutte le esperienze giuridiche su scala mondiale, è stato il maestro di generazioni di comparatisti e di civilisti, e ha contribuito in modo decisivo ad affermare la comparazione coltivata in Italia come apporto teorico vitale al diritto comparato, su scala mondiale. 

Accademico dei Lincei, Membro dell’Institut de France, laureato h.c. di Ginevra, McGill, Tolone, Parigi II, membro titolare dell’Accademia Internazionale di Diritto Comparato, già Presidente dell’International Association of Legal Science, Rodolfo Sacco ha ricevuto in vita i più alti onori accademici (per un’occasione di festeggiamento, che vide Sacco celebrato insieme ad altri grandi comparatisti: K. Boele-Woelki, D. P. Fernàndez Arroyo, eds.,The Past, Present and Future of Comparative Law- - Le passé, le présent et le futur du droit comparé, Springer, 2018). 

La sua partecipazione alla vita associativa è stata intensa, dapprima nell’Associazione italiana di diritto comparato, e poi nella SIRD - Società italiana per la ricerca nel diritto comparato, che fondò nel 2010, e di cui fu il primo Presidente. È stato a lungo Presidente del Gruppo Italiano dell’Association Capitant, promuovendo le giornate internazionali Capitant tenutesi tra Torino e Como nel 2016, sul tema a lui caro: Concepts, intérêts et valeurs dans l'interprétation du droit positif. Sempre alla sua iniziativa risale la costituzione dell’Isaidat – Istituto Subalpino per il diritto degli scambi transnazionali, ente che dal 1996 ha condotto varie iniziative scientifiche legate ai suoi studi e alle sue intuizioni.

Ripercorrere i passaggi centrali della vita intellettuale di un giurista che è stato animatore e protagonista di numerosissime iniziative scientifiche di ampia risonanza, e che ha dato alle stampe nel corso di una lunga vita più di quattrocento pubblicazioni, molte delle quali apparse in numerose traduzioni, è anzitutto tentare di cogliere il percorso che le lega. È un percorso sviluppato a partire da idee profondamente radicate nella formazione intellettuale dell’uomo. Inevitabile a questo punto la scelta nel ricordare alcuni passaggi di quel percorso, ma certamente il lettore avvertito potrà scovare altri motivi di interesse nell’opera straordinariamente ricca di Rodolfo Sacco, al di là di quelli presentati qui. 

Terminata la guerra di liberazione come partigiano combattente, esperienza che gli valse una medaglia d’oro per le azioni condotte con la banda di cui era comandante in Val Chisone, Rodolfo Sacco ritornò agli studi in giurisprudenza, per laurearsi in diritto civile con Mario Allara. La tesi di laurea, dedicata al Concetto di interpretazione del diritto, pubblicata nel 1947 (rist. nel 2003, con Prefazione di Antonio Gambaro) sviluppava idee in rottura con il concettualismo all’epoca imperante. Tanto è vero che, fatto più unico che raro, Mario Allara non volle discutere l’elaborato in qualità di relatore, ma domandò a Norberto Bobbio di presentare il lavoro alla commissione di laurea, convocata il 5 febbraio 1946. L’opera è per certi aspetti tuttora rivoluzionaria. Il tema dell’interpretazione è trattato con un approccio che rivolge contro i metodi concettualisti e legati alla giurisprudenza degli interessi, in voga all’epoca, i mezzi della logica e, tramite un’analisi formale rigorosa, perviene a svelare infine la natura di atto soggettivo dell’interprete che è proprio dell’interpretazione. La conclusione avrebbe soddisfatto i cultori del pluralismo giuridico più radicale: “ogni interpretazione del diritto è senza eccezione esatta, purché non sia intrinsecamente contraddittoria”, e pertanto: “ogni interprete può creare (…) il diritto a modo proprio” (p. 164). Il lettore di quest’opera non fatica a ritrovarvi un nucleo di idee presentato in modo più compiuto ed elaborato nelle più celebri opere della maturità, quale l’Introduzione al diritto comparato (1° ed., 1980, 5 edizioni con Giappichelli, 7° ed. Utet, con P. Rossi, 2019). Mentre si avviava alla carriera di avvocato, l’apprendistato – se così si può chiamare - come docente universitario avviene soprattutto a contatto con Paolo Greco, maestro del diritto commerciale a Torino.

Al’età di trentasei anni, dopo aver vinto la cattedra, e aver iniziato la propria attività di docente di istituzioni di diritto privato a Trieste, dove tiene anche il corso di diritto privato comparato, Sacco pubblica L’arricchimento ottenuto mediante fatto ingiusto: contributo alla teoria della responsabilità extracontrattuale (Utet, 1959). Si tratta della prima opera in cui il talento dell’Autore, vuoi come cultore di un rinnovato diritto civile, vuoi come comparatista, emerge appieno. Sarà a lungo l’unica opera sull’argomento in Italia, fino a tempi molto recenti, ed è tuttora considerato un riferimento essenziale in questo campo di studi. L’avvicinamento al diritto comparato è però precedente. A partire dal 1952 è attivo a Torino l’Istituto Universitario di Studi Europei; frequentano l’Istituto personaggi del calibro di René David e Josef Esser con cui i dialoghi saranno intensi. In questo ambiente Sacco inizia ad interessarsi ai problemi relativi all’uniformazione del diritto in Europa, pubblicando nel 1953 un saggio dedicato alla tematica (Nuova Rivista di Diritto commerciale, 1953, II, 49). Nello stesso anno appare la traduzione (voluta da Norberto Bobbio, consulente di Einaudi) di un classico del diritto sovietico: A.V. Venediktov, La proprietà socialista dello Stato, Torino, 1953, che Sacco cura con Vera Dridso. A partire dal 1960, Sacco inoltre tiene un primo insegnamento alla Faculté internationale de droit comparé di Strasburgo, di cui sarà docente per più di trent’anni. Un anno dopo è chiamato a Pavia, dove insegna prima Istituzioni di diritto privato e poi Diritto civile, e come seconda materia diritto privato comparato; in seguito, sarà Preside della Facoltà pavese.

Nel 1964 tiene all’Istituto universitario di studi europei la prolusione su Définitions savantes et droit appliqué dans le sistèmes romanistes (apparsa nella Revue internationale de droit comparé,1965, p. 827 ss.), in cui mette a frutto studi precedenti condotti sul contratto e sulla responsabilità civile. In questa occasione Sacco traccia alcune conclusioni di ordine generale sulla reciproca indipendenza degli enunciati legali, delle ricostruzioni sapienziali e delle regole di carattere operativo È la comparazione, grazie alla sua visione più ampia del diritto, a consentire di mettere in luce simili dislocazioni. E’ dunque compito proprio della comparazione esaminare “jusqu’à quel point l’adoption de telle formule et l’adoption de telles solutions concrètes se conditionnent reciproquement”. Prende avvio un itinerario di ricerca ambizioso, che sarà praticato anche in relazione al diritto dei paesi socialisti, con ricerche divenute giustamente celebri, le quali incidono la pretesa assoluta originalità del diritto dei paesi socialisti, e dimostrano come l’adesione a una determinata dottrina politica o filosofica, quale il socialismo scientifico, possa andare di pari passo con l’accettazione di nozioni e regole preesistenti, eventualmente tratte da altre esperienze giuridiche (v., ad esempio, Sacco, il Sostrato romanistico del diritto dei paesi socialisti, in Studi in onore di Giuseppe Grosso, IV, Torino, 1971, p. 737 ss.; trad. ing. in Review of Socialist Law, 1988, p. 65 ss.; G. Crespi Reghizzi-R. Sacco, Le invalidità del negozio giuridico nel diritto sovietico, Riv. dir. civ., I, 1979, p. 179 ss.).

Nel perseguire questo programma, Sacco volle sempre riconoscere un debito verso Gino Gorla. Con modestia, Sacco ha talvolta affermato che il suo compito fosse semplicemente quello di formulare quanto Gorla aveva dimostrato e scoperto, senza però mai libellarlo a chiare lettere. In realtà, fin da giovanissimo Sacco aveva coltivato con passione interessi davvero molto ampi, e la curiosità inesausta che lo caratterizzava lo sospingeva sempre verso nuovi territori, mai lambiti fino ad allora dagli studiosi di diritto comparato in Italia, quali il diritto africano e il diritto islamico, materie affidate esclusivamente a specialisti di settore o dell’area. Le opere pubblicate a questo proposito furono dapprima dedicate al diritto somalo (fu Preside per diversi anni della Facoltà giuridica di Mogadiscio, dove tenne insegnamenti a partire dal 1969, ed ebbe allievi in quel Paese). Poi le ricerche abbracciarono il diritto africano nel suo complesso, con un volume che apparirà nel 1995 nel suo Trattato di diritto comparato (trad. francese Dalloz, 2009). L’incontro con il diritto africano ha avuto un’importanza maggiore, e l’apporto di Sacco allo studio di questo diritto è stato riconosciuto da eminenti studiosi dei sistemi giuridici africani, come Michel Alliot e Etienne Le Roy. Come dirà nel volume - intervista: Che cos’è il diritto comparato, a cura di Paolo Cendon, Cedam, 1992, il diritto africano offre al giurista europeo “più insegnamenti di ogni altra famiglia”; “basti dire che vi abbondano gli ordinamenti privi di verbalizzazione, gli ordinamenti non insegnati all’università, i settori di diritto non assistiti da una lingua giuridica, tutti fenomeni che noi crediamo scomparsi in Europa, tanto che il nostro pensiero stenta a concepirli… nel diritto europeo sono presenti tanti fenomeni che noi non riusciamo a percepire perché abbiamo una visione idealizzata, e perciò deformata, degli istituti”. Addestrato a riconoscere quei fenomeni laddove essi si presentano in modo più evidente, il giurista formatosi in Europa li riconosce meglio, quando ritorna al diritto europeo. 

La traduzione italiana dell’opera di René David sui sistemi giuridici comparati è pubblicata a cura di Sacco a partire dal 1967. La traduzione segnala come la formazione del giurista legata all’insegnamento pressoché esclusivo del diritto nazionale fosse culturalmente disastrosa e antistorica. Nell’epoca in cui si registrava il moltiplicarsi degli scambi transnazionali e si intensificavano le relazioni internazionali, le Facoltà italiane non conoscevano alcuna apertura alla novità. Alla contestazione di quell’approccio, come si addice all’uomo, seguiva un’azione diretta ad aprire gli studi a nuove prospettive relative all’insegnamento del diritto, con la promozione di un nuovo piano di studio da parte della Facoltà torinese dove era ormai attivo dal 1971 (Sacco, Il diritto degli scambi transnazionali: Un nuovo piano di studi nella Facoltà giuridica torinese, Foro it., 1981, V, c. 77, e v. per una visione critica delle iniziative di riforma successiva: Id., La riforma delle facoltà giuridiche, Foro it., 1986, V, c. 254). Il piano torinese farà da apripista ad analoghe iniziative a livello nazionale (Sacco, L'Italie en tête: À propos de l'enseignement du droit comparé, Revue internationale de droit comparé, 1995, p. 131 ss.). Tra gli episodi da ricordare, l’avvio nel 1986-1987 dei corsi della neo-istituita Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Trento, che ebbe Sacco come Presidente del suo comitato ordinatore. Il piano di studi per il corso di laurea in giurisprudenza preparato dal Comitato ordinatore diede spazio ad una formazione giuridica ampiamente basata sul diritto comparato, ove a ogni materia dedicata al diritto interno si affiancava un insegnamento a base comparativa. È noto il successo che arrise a questa proposta, dopo qualche scetticismo iniziale. Nel frattempo, la sua fama si afferma nell’ambito dell’Académie internationale de droit comparé. La relazione generale su Le transfert de la propriété des choses mobilières détérminées par acte entre vifs en droit comparé, svolta al X congresso dell’Accademia internazionale (Budapest, 1978, pubblicata anche in: in Riv. dir. civ., 1979, I, p. 442 ss) è un eccellente dimostrazione del suo metodo. I problemi di teoria legati allo sviluppo della comparazione erano d’altra parte già al centro della precedente relazione su: Les buts et les méthodes de la comparaison du droit, svolta al IX Congresso della Académie internationale de droit comparé nel 1974.

L’Introduzione al diritto comparato, di cui si è già accennato, è dapprima presentata dallo stesso Sacco come una sorta di supplemento critico al volume di René David. In realtà, si trattò di un vero manifesto teorico per una nuova fase degli studi di diritto comparato. Non a caso, l’opera conobbe un’enorme fortuna e venne ben presto tradotta in cinese, francese, inglese, portoghese, tedesco. Si tratta di un vero spartiacque negli studi dedicati alla comparazione giuridica. Lo studio comparato del diritto è per la prima volta sistematicamente basato sulla comprensione e sulla descrizione dei diversi formanti che concorrono a costituire l’universo del diritto, esaminati nelle loro reciproche relazioni. È approfondito in questo quadro lo studio della mutazione e della circolazione dei modelli giuridici, da tempo all’attenzione dell’Autore, con la conclamata possibilità di dissociazione dei formanti, di cui invece il giurista territoriale si affanna a dimostrare la coerenza. L’attenzione rivolta alla lingua come mezzo per esprimere il diritto conduce ai notevoli problemi di traduzione che pone il diritto, e a sua volta la linguisticità del diritto è affrontata in modo critico. D’altra parte, la comparazione mette in luce come a identiche formule linguistiche raccolte, ad esempio, in testi legislativi di diversi Paesi possano seguire regole operative divaricate (e come soluzioni operative convergenti siano invece talvolta prodotte da testi normativi divergenti). Il diritto comparato può e deve dunque occuparsi dei fenomeni latenti che emergono sotto la lente del comparatista. Battezzati come ‘crittotipi’, questi sono gli elementi che riflettono mentalità, assunti e conoscenze inespresse, che pur non essendo verbalizzate operano, e condizionano le dinamiche del diritto. La lezione affidata all’introduzione diveniva la base metodologica del Corso di sistemi giuridici comparati che appare, fin dalla prima edizione del 1996, a firma congiunta con Antonio Gambaro (4° ed., 2018; il volume è tradotto in francese con il titolo: Le droit de l'Occident et d'ailleurs, Dalloz, 2011). 

Nel 1975, Sacco aveva pubblicato il suo capolavoro sul contratto, dapprima inserito nel Trattato Vassalli e poi pubblicato in edizioni successive con il contributo di Giorgio De Nova nel Trattato di diritto civile diretto dallo stesso Sacco, per la Utet (4° ed., 2016). Il volume sul possesso, destinato al Trattato di diritto civile e commerciale diretto da Cicu e Messineo (1988), è a sua volta uno spartiacque nella materia. Nelle edizioni successive che rapidamente si susseguono sarà firmato con Raffaele Caterina. Queste opere nascono dal serrato confronto con una varietà di modelli italiani stranieri, e rappresentano sul piano teorico, senza proclamazioni, veri e poderosi contributi al rinascente diritto privato europeo, oltre ad essere opere destinate a influenzare profondamente la dottrina e la giurisprudenza con cui dialogano. L’opera forse meno nota ai lettori, apparsa nel Trattato di diritto civile, è quella dedicata a Il fatto l’atto, il negozio (Utet, 1995). Il volume è preceduto di poco da un importante saggio intitolato: L’occupazione, atto di autonomia (Contributo ad una dottrina dell’atto non negoziale) (in Riv. dir. civ., 1994, I, p. 343 ss.). La scelta di dedicarsi alla parte generale del diritto civile e a temi ormai certo non più alla moda è (consapevolmente) controcorrente; la rottura con gli schemi classici della trattazione civilistica è non solo evidente, ma proclamata nell’andamento della trattazione, come pure la presa di distanza dalla critica puramente ideologica del concetto. Il lavoro è animato dalla capacità di ricostruire come la categoria dotta sia messa alla prova nella vita del diritto, e non riesca tenervi dietro. La tesi di fondo è che la teoria del negozio sia frutto della ricostruzione a posteriori di forme di esercizio di autonomia che ben potevano esplicarsi originariamente senza concetti e senza parole. La trattazione è ricca di esempi che illustrano l’operare del diritto vivente, e le sue vie, lontane dall’insegnamento della scuola. Sacco non rinuncia alla possibilità di mettere ordine in questo contesto, ma non ritiene lo si possa fare con i logori arnesi di cui dispone il dogmatico, o con poco credibili giochi di parole. Il lavoro attinge a piene mani, in modo sapiente e dirompente, a conoscenze storiche, linguistiche, antropologiche, etologiche, senza però farne particolare sfoggio. 

Nel frattempo, a partire dal 1986, Sacco aveva assunto la direzione del Digesto Italiano. La nuova edizione di questa gloriosa enciclopedia tende a sua volta a realizzare il programma scientifico che pone il rinnovamento della cultura giuridica italiana al centro del discorso. Si tratterà dunque di un’enciclopedia: “…per un giurista italiano curioso di tutte le norme dell’ordinamento, comprese quelle di produzione non nazionale, curioso del dato straniero, interessato alle regole rivolte ai rapporti giuridici transnazionali, consapevole dell’apporto offerto dalla comparazione
alla conoscenza del diritto ed a una più adeguata ricerca dei dati assiologici” (così le pagine introduttive consegnate al primo volume del Digesto - Discipline privatistiche, Utet, 1987).

A partire dalla fine degli anni ’90, e fino a quando le forze lo assisteranno, fedele a sé stesso, Sacco si dedica con straordinario impegno e passione ai temi di frontiera che lo hanno sempre appassionato. Tra questi, vi è lo studio dei problemi legati al rapporto tra lingua e diritto, affrontati con ricerche dedicate al’interpretazione del diritto multilingue, e alla teoria della traduzione giuridica. (Sacco, Lingua e diritto, Ars interpretandi, 2000, 117-134; Id., Riflessioni di un giurista sulla lingua (La lingua del diritto uniforme e il diritto al servizio di una lingua uniforme), in Riv. dir civ., 1996, I,
57 ss.; in seno all’Accademia internazionale di diritto comparato aveva già lanciato il tema, trattato nel congresso mondiale di Sidney, 1986). Il diritto multilingue, vero asse del diritto uniforme ed europeo, pone in termini netti il problema di sapere come una pluralità di espressioni linguistiche possa veicolare la medesima norma presso gli interpreti. La trattazione è illuminata dalle ricerche condotte sul punto in Québec, e i rapporti con giuristi quebechesi, da Paul-André Crepau a Nicholas Kasirer, attuale giudice della Corte suprema del Canada, furono all’epoca intensi, come pure stretti furono i rapporti con il belga Jacques Vanderlinden e il francese Olivier Moréteau, oggi professore in Luisiana. Appare così l’opera pioneristica, a più voci: L'interprétation des textes juridiques rédigés dans plus d'une langue, L’Harmattan 2002. Gli appunti dedicati alla traduzione giuridica nell’Introduzione al diritto comparato sono dunque sviluppati in modo organico, mettendo a fuoco tutte le sfaccettare dei problemi linguistici e giuridici in cui si imbatte il traduttore giurista. La traduzione giuridica pone problemi legati sia al diritto, sia alla lingua. Il diritto pone sfide di traduzione, essendo ben possibile che i diversi formanti emergenti nell’ambito di un certo ordinamento veicolino nozioni e concetti diversi tramite l’uso del medesimo vocabolo (così, ad esempio, la nozione di nullità di cui al libro primo del nostro codice civile non è la medesima nozione accolta dal libro quarto del medesimo codice). Simili scarti di significato divengono palesi quando si prendono in considerazione vocaboli come ‘contratto’ o ‘possesso’ nelle diverse lingue europee. Altre difficoltà nascono dalla lingua, poiché il linguaggio del diritto normalmente evolve al fine di esprimere i concetti localmente noti. Ed ecco allora la difficoltà di tradurre in italiano termini o espressioni riferiti a concetti ignoti al diritto italiano (come, ad esempio, ‘equitable interest’). Né si può dire che i rapporti tra lingua e diritto siano costanti attraverso le frontiere, così il grado di precisione con cui viene formulata la disposizione legislativa non è ovunque il medesimo, e le fonti mute, che condizionano l’attività del giurista, giocheranno anche in questo campo. 

Le ricerche condotte sul versante del rapporto tra lingua e diritto si collocano in un quadro in cui il sapere del giurista rivela nuove ambizioni (e questo sarà il titolo del convegno linceo proposto da Sacco, Le nuove ambizioni del sapere del giurista: antropologia giuridica e traduttologia giuridica, a cura di R. Sacco, Roma, 2010). Il percorso è segnato dalle riflessioni maturate dapprima attraverso lo studio del diritto africano e delle grandi civiltà del passato per passare poi all’antropologia e all’etologia, poiché il comportamento umano su base evolutiva si ricollega a quello di altre specie. Il volume intitolato all’antropologia del diritto (il Mulino, 1987, trad. francese: Dalloz, 2008, la traduzione in spagnolo è del 2018), che ha come sottotitolo “contributo ad una macrostoria del diritto”, è dedicato ad Angelo Falzea, all’epoca decano dei civilisti italiani, teorico attento all’antropologia. Ivi sono delineati i tratti del diritto nelle società contemporanee, il cui il diritto si presenta armato di concetti e di un linguaggio proprio, così come di monumentali apparati destinati alla sua amministrazione, e nelle società in cui il giurista non occupa il posto centrale, a lui riservato nel mondo occidentale, e in cui la scrittura, se esiste, non pretende di consegnare la regola ai documenti, in cui il potere può essere diffuso, piuttosto che accentrato. L’itinerario è anche destinato a rivelare quello che, nel diritto, attiene alla natura, piuttosto che alla cultura, la quale evolve e cambia con una rapidità sconosciuta alla costituzione biologica dell’essere umano. L’ultimo capitolo di questa ricerca è consegnato al volume Il diritto muto: Neuroscienze, conoscenza tacita, valori condivisi (Mulino, 2015, tradotto integralmente in castigliano, apparso in una prima versione in inglese, sull’ American Journal of Comparative Law, 1995, p. 453 ss. e in francese, sulla Revue trimestrielle de droit civil, 1995, p. 783 ss.). Opera profonda e densa, in cui si raccolgono le riflessioni e le ricerche di una vita, e nella quale il sapere legato alle scienze della vita è messo decisamente a frutto, insieme all’antropologia, il diritto muto intende: “sollevare i veli che nascondono all'uomo di oggi le sopravvivenze di quel diritto muto che per due milioni di anni ha dominato la vita sociale degli uomini” (dalla prefazione alla traduzione dell’edizione castigliana). La comprensione del diritto come fenomeno sociale è finalmente arricchita dallo studio della dimensione dell’umanità che si radica nella natura, da intendersi non come dato invariabile e invariante, ma come realtà conoscibile attraverso le scienze, come l’antropologia o la biologia, che si dedicano allo studio di tutti i gruppi umani. 

Ricordare Rodolfo Sacco vuol dire rendere merito alla sua opera, ma è altrettanto importante rammentarne il tratto umano, così come si esprimeva nella sua vita di Professore, in cui riversava la propria personalità capace di slanci, ricca e generosa. Puntualissimo alle lezioni, sempre presente a ricevimento, rispettoso dello studente cui si avvicinava con curiosità, era attento ai bisogni di apprendere di ciascuno, del primo come dell’ultimo della classe. Sapeva intuire le difficoltà dei colleghi più giovani, e offriva loro i mezzi per superarle, fossero cresciuti sotto lo stimolo dei suoi insegnamenti, o meno. All’apparenza incline alla serietà, coltivava il sense of humor nelle conversazioni più distese, prive di un tono salottiero, ma animate da una impareggiabile capacità di osservazione, e da uno sconfinato sapere, maneggiato con leggerezza e un tocco di ironia.

Ci la lasciati con un saluto allegro, come amava dire negli ultimi anni.

Michele Graziadei