Il judicial activism del VfGH: I giudici costituzionali decidono sull’eguaglianza delle coppie omosessuali in via di ufficio
di Ulrike Haider-Quercia - 7 dicembre 2017
La sentenza della Corte costituzionale austriaca del 4 dicembre 2017[1] realizza una piena equiparazione giuridica tra coppie omo- ed eterosessuali. Con riferimento al generale divieto di discriminazione, il VfGH (Verfassungsgerichtshof) abroga le normative del codice civile austriaco (Allgemeines Bürgerliches Gesetzbuch - ABGB) e della legge sulle unioni registrate (Eingetragene Partnerschaft – Gesetz - EPG 2009) che costituiscono discipline diverse per le unioni registrate delle coppie omosessuali e il matrimonio contratto tra persone di sesso diverso. In conseguenza della sentenza in oggetto, a partire dal 31.12.2018, sarà consentito alle coppie omosessuali di contrarre matrimonio alla pari delle unioni tra uomo e donna.
La sentenza rileva aspetti interessanti in termini di rapporti tra legislatore e VfGH e costituisce, inoltre, un ulteriore esempio su come la Corte costituzionale, nell’interpretazione del principio di non discriminazione e di eguaglianza, deve necessariamente adottare giudizi di valore, che costringono a prendere posizione su argomenti di natura politica (come, appunto, l’accesso delle coppie omosessuali al matrimonio) e non impongono un’unica lettura conforme alla Costituzione, ma consentono valutazioni diverse.
La genesi dell’evoluzione giuridica, specialmente quella più recente, della tematica delle unioni omosessuali fa emergere come le decisioni del VfGH che hanno riflessi socio-politici di una certa rilevanza si trovano in una latente situazione di tensione con la funzione legislativa parlamentare, circostanza nella quale sembrano sfumare i limiti tra la funzione di garante della Costituzione e quella di decisore politico, riservata in primis al Parlamento legittimato da elezioni popolari.
In questa prospettiva, è significativo che il VfGH aveva sottoposto le disposizioni sul matrimonio e sulle unioni registrate alla valutazione di legittimità in via d’ufficio, cioè attivando il procedimento ex art. 140, 1° b., lit. b. Bundes-Verfassungsgesetz (B-VG) che consente alla Corte costituzionale di pronunciarsi autonomamente sulla legittimità di una legge quando questa suscita dubbi sulla compatibilità costituzionale. Tale competenza conferisce ampia discrezionalità al VfGH che anche nel caso in oggetto sembra essere stata sfruttata pienamente, superando la concezione delle unioni omosessuali adottata dal legislatore con il EPG. Non è la prima volta che il VfGH si sostituisce al legislatore nel regolare determinati aspetti della vita socio-culturale austriaca, basti pensare, ad esempio, alla sentenza sui cartelli stradali bilingue[2] divenuta famosa per gli effetti dirompenti che essa causò nel tessuto sociale[3], o quella relativa alla liberalizzazione della televisione via cavo attraverso l’abrogazione delle limitazioni contenute nella legislazione ordinaria[4], per menzionarne solo alcune.
Il caso che ha dato origine al procedimento in via di ufficio in questione riguarda il ricorso diretto[5] di due donne conviventi in un’unione registrata, che ritenevano di essere lese nei propri diritti, in quanto non è stata accolta la loro richiesta di contrarre matrimonio. La loro richiesta fu rifiutata prima dal Comune di Vienna e in seguito dal Tribunale amministrativo di Vienna, avverso la cui decisione le parti ricorrenti hanno successivamente proposto ricorso individuale al VfGH.
La linea argomentativa adottata nella sentenza si basa quasi esclusivamente sul principio di eguaglianza nella sua forma di divieto di discriminazione, il quale – ad avviso dei giudici supremi – impone un eguale accesso al matrimonio anche per le coppie omosessuali, eguaglianza che non sarebbe stata sufficientemente garantita dall’istituto dell’unione registrata, adottato nel 2009 dal Consiglio nazionale all’interno del EPG che regola natura ed effetti giuridici dell’istituto di recente creazione. Le unioni civili, introdotte e disciplinate dal EPG, consentono alle coppie omosessuali di contrarre una unione dalla quale scaturiscono diritti e obblighi simili a quelli collegati al matrimonio disciplinato dal ABGB, senza che tuttavia fosse stata operata una equiparazione totale dei due istituti. Così, ad esempio - e questo costituiva la differenza più significativa tra i due istituti - l’EPG escludeva esplicitamente il diritto delle coppie omosessuali di adottare figli. Il legislatore, cercava di creare un quadro normativo per le unioni delle coppie di persone dello stesso sesso il più possibile equiparato al matrimonio. Allo stesso tempo si era scelto, in coerenza con la concezione tradizionale dell’ordinamento austriaco e delle specificazioni derivanti dalla giurisprudenza della Corte EDU, di mantenere distinti i due istituti, cioè il matrimonio e l’unione registrata, che per molti aspetti erano equiparati tra loro ma ciascuno doveva, comunque, contraddistinguersi per determinate caratteristiche in virtù della diversa natura delle due tipologie di unioni.
Negli anni successivi all’entrata in vigore del EPG (2010), le unioni civili sono state ravvicinate nel loro contenuto giuridico sempre di più al tradizionale istituto del matrimonio, eliminando pressoché tutte le differenze inizialmente adottate e volute dal legislatore.
Queste evoluzioni giuridiche sono state operate non per scelta del Parlamento, ma da alcune sentenze della Corte costituzionale austriaca che hanno avvicinato gradualmente l’unione civile al modello matrimoniale, riconoscendo – sempre invocando il principio di non discriminazione – alle coppie omosessuali il diritto di adottare (insieme) figli[6] e di far uso delle forme di procreazione assistita nel quadro consentito dalle leggi austriache alle coppie eterosessuali sposate[7], ipotesi che il legislatore ha voluto riservare esplicitamente alle sole coppie eterosessuali. Inoltre, il VfGH ha riconosciuto alla celebrazione di un’unione registrata lo stesso carattere solenne di un matrimonio[8]. In seguito a tali interventi giurisprudenziali, nonostante la diversa base giuridica, le unioni civili, di fatto, corrispondono – per quanto riguarda configurazione ed effetti giuridici – all’equivalente istituto del matrimonio, dal quale sostanzialmente non sono più diverse.
In questa sequenza di sentenze, succedutesi sostanzialmente nell’ultimo quinquennio, si inserisce anche la sentenza in oggetto, che porta a termine la graduale equiparazione delle coppie omosessuali. L’abrogazione delle norme dell’ABGB che disciplinano il matrimonio come unione esclusivamente tra uomo e donna, è stata condotta dal VfGH nella convinzione che la differenziazione giuridica tra unione registrata e matrimonio costituisca fonte di discriminazione non più sostenibile da un punto di vista giuridico per le coppie omosessuali, in quanto comporta il rischio di discriminazioni. In particolare, il VfGH sostiene che la divisione normativa dei due istituti comporta che le persone omosessuali costituiscono una categoria di persone diverse da quelle sposate, ed adduce a proposito la problematica che con l’esistenza di diverse denominazioni dello stato civile (“sposato” versus “vive in un unione civile”) le persone che vivono in un’unione omosessuale sono costrette a svelare il proprio orientamento sessuale anche in contesti in cui l’orientamento sessuale personale non ha e non deve avere alcuna importanza. Il VfGH conclude, pertanto, che “la divisione normativa delle relazioni eterosessuali e omosessuali in due separati istituti giuridici viola il divieto scaturente dal principio di eguaglianza di discriminare persone in base a caratteristiche personali come nel caso dell’orientamento sessuale”.
L’abrogazione interessa non solo le parole “di sesso diverso” nelle disposizioni sul matrimonio del ABGB, ma anche alcune disposizioni del EPG, che limitano le unioni registrate alle sole coppie dello stesso sesso. In questo modo, dopo l’abrogazione, che avrà effetto a partire dal 31.12.2018, gli istituti del matrimonio e dell’unione registrata saranno accessibili indiscriminatamente per tutte le coppie, indifferentemente se etero- o omosessuali. E qui si vede l’estensione delle valutazioni giuridico-politiche operate dalla Corte: Il VfGH avrebbe potuto realizzare lo stesso risultato di non-discriminazione, consentendo semplicemente anche alle coppie eterosessuali la possibilità di concludere unioni registrate. Così, dalla semplice indicazione dello stato civile non si sarebbe più potuto risalire alle preferenze sessuali della persona. Ma una tale interpretazione avrebbe richiesto un approccio di judicial self-restraint, secondo il quale il VfGH esclude dal proprio ambito decisionale la soluzione di questioni politiche, approccio che il VfGH ha consapevolmente abbandonato a partire dagli anni ’80, concentrandosi maggiormente sull’interpretazione anche materiale dei diritti fondamentali[9].
Dalle informazioni mediatiche emerge che il partito popolare austriaco, che attualmente è coinvolto nel negoziato per una nuova coalizione con la FPÖ contraria all’equiparazione delle unioni degli omosessuali, si era astenuto appositamente dall’interessare il dibattito parlamentare delle rivendicazioni degli omosessuali, lasciando, in questo modo, la risoluzione della questione ad altri strumenti e meccanismi costituzionali, ed in particolare a quelli giurisdizionali, che ora indicano molto chiaramente i parametri per la futura legislazione di questa questione propriamente politica. Si tratta, quindi, di un caso, in cui il VfGH non ha solamente ritoccato ma modificato, nell’ambito delle sue competenze riconosciute dal B-VG, le preferenze espresse dal Parlamento, in cui viene rappresentato proporzionalmente il popolo. Il Parlamento si trova in tal modo deresponsabilizzato ed eroso nella sua libertà di decisione legislativa, alla quale, probabilmente, ha voluto consapevolmente rinunciare, non intervenendo adeguatamente sulla materia in oggetto.
[1] G 258/2017 e.a.
[2] VfGH 28 giugno 2001, G 103/00.
[3] Cfr. U. Haider-Quercia, Oltre Kelsen, La Corte costituzionale austriaca come legislatore positivo, in: Percorsi costituzionali, n. 2-3/2010, p. 173-184.
[4] VfSlg 14.653/1996. Con l’abrogazione delle limitazioni legislative collegate all’attività di televisione via cavo (divieto di trasmisisone e di publicità) il VfGH aveva di fatto liberalizzato il settore.
[5] Il modello austriaco di giustizia costituzionale riconosce il ricorso diretto di una persona “che ritiene di essere lesa nei propri diritti dall’incostituzionalità di una legge, in quanto questa legge abbia prodotto effetti nei confronti di tale persona senza bisogno di una decisione giudiziaria o di un provvedimento amministrativo” (art. 140, 1° c., lit. c. B-VG).
[6] VfGH 11 dicembre 2014, G119/2014 ua.
[7] VfGH 10 dicembre 2013, G16/2013, G44/2013.
[8] VfGH, 19 giugno 2013, G 18,19/2013.
[9] Cfr. W. Berka, Die Grundrechte. Grundfreiheiten und Menschenrechte in Österreich, Wien, 1999, pp. 83 ss.